venerdì 31 maggio 2013

TRANSLATION STUDIES



Translation is the most obviously recognizable type of rewriting and it is potentially the most influential because it is able to project the image of an author and/ or those works beyond the boundaries of their culture of origin.
 
 
Lefevere
 

martedì 28 maggio 2013

LA MARCHESA E' USCITA ALLE CINQUE

Scrivere e soprattutto pubblicare un'opera significa appellarsi al pubblico, significa rompere con un gesto unilaterale il rapporto di indifferenza tra sé e gli altri.
 
René Girard
 
 
 
 
Soltanto i mediocri e i geni osano dire "La marchesa è uscita alle cinque". Il talento puro e semplice indietreggia dinanzi a tale umiliante futilità o suprema audacia.


René Girard
 
 
 
 
Tutte le conclusioni romanzesche sono inizi.
 
René Girard


 

domenica 26 maggio 2013

I TRADUTTORI

 
 
Translators are privileged readers called on to understand the facts in a text and to feel its emotional connotations. That is why translators do not feel equally close to all texts.
 
 
 
Lederer

venerdì 17 maggio 2013

A SINGLE MAN: UN MESSAGGIO DI SPERANZA

C’è ancora un numero impressionante [di giovani] che si ostina a scrivere poesie, romanzi, drammi. Intontiti dal sonno, buttano giù qualcosa negli istanti carpiti fra una lezione, l’impiego a mezza giornata e i doveri coniugali. […] E da qualche parte, in mezzo alla schiavitù del dover essere, il folle poter essere sussurra loro di vivere, conoscere, sperimentare – cosa? Meraviglie. […] Qualcuno di loro ce la farà? Oh, certo. Almeno uno. Due o tre al massimo – tra le migliaia che tentano.
Là in mezzo, George prova una sorta di vertigine. Dio, che ne sarà di loro? Che possibilità hanno? Devo urlargli qui, ora, che non c’è speranza.
George sa di non poterlo fare. Poiché in un suo modo assurdo, inadeguato, involontario è un rappresentante della speranza. E la speranza non è falsa. No.

Christopher Isherwood, Un uomo solo
 

lunedì 13 maggio 2013

Should prostitution be State controlled? If so, why and what measures should be taken? If not, why not?

Prostitution is a problem society can’t turn its back. It has always existed and now the time has come for society to do something. The best alternative would be legalizing prostitution.
When we say that prostitution should be legalized, we have to specify what kind of prostitution we are talking about, for we know there are many types of it: street/ house prostitution, adult/ child prostitution, call girls (female escorts), gigolos (male escorts) and so on.
The prostitution that we think the State should legalize is the prostitution of consenting adults. There would be many advantages in controlling this activity.
First of all, the identification of the sex workers. Giving them an identity, the State can control their ages. For we don’t want to encourage child prostitution, the State should fix an age limit so that individuals under age 18 aren’t allowed to sell their bodies.
Moreover, getting prostitutes off the streets and offering them a place to work would  improve their safety. Street walkers are vulnerable to physical assaults; giving them a safe place to work in (a sort of brothel controlled by specific regulations, for example) would reduce the risk of aggressions and rapes. Legalizing prostitution implies an improved safety for the clients too. In fact, prostitutes would be health tested in order to avoid the transmission of STD (sexually transmitted diseases).
There would also be the possibility of birth control (we know that infanticide is very common among the sex workers): prostitutes may be given devices to prevent pregnancy.
Legalizing prostitution gives female prostitutes the possibility to choose whether they want to have children: if they do, they should be given a maternity leave, that is a paid time off work to care for their babies .
Controlling prostitution also means eliminating the pimp, that is to say a reduction of the organized crime.  If the adult consenting prostitution becomes a legal job, then prostitutes will be obliged to pay taxes. This will increase the State revenues.
In addition to this, prostitution can be defined as a public service. Sometimes it is the only way disabled people can have a sexual intercourse. But not only people with disabilities need to pay for sex: the number of people who go to prostitutes because they’re afraid of being judged is growing. Society is putting us under too much pressure and this has consequences on our private lives. We don’t allow ourselves to fail, we don’t want our partner to see we’re weak, because we always have to be on top of the situation. But a prostitute doesn’t expect anything from us, so we can’t disappoint her/ him.
To sum up, prostitution is the world’s oldest profession and it will probably exist forever. The time has come for the State to open its eyes and face this matter of fact. The best solution would be monitoring  prostitution, that is legalizing it.
 

domenica 12 maggio 2013

L'OROLOGIO DA CUCINA _ Wolfgang Borchert

Se lo videro venire incontro già da lontano, perché era un tipo che dava nell’occhio. Aveva una faccia molto invecchiata, ma da come camminava si vedeva che doveva avere solo vent’anni. Si sedette con la sua faccia da vecchio accanto a loro sulla panchina. E poi mostrò quello che teneva in mano.
 
Era l’orologio della nostra cucina, disse guardando uno per uno quelli che se ne stavano seduti lì al sole sulla panchina. Sì, l’ho potuto ritrovare. Lui si è salvato.
Teneva in mano davanti a sé un orologio da cucina rotondo e bianco come un piatto e ne toccava leggermente con le dita i numeri dipinti in blu.
Non che abbia valore, disse come scusandosi, lo so bene anch’io. E non è neanche particolarmente bello. Ha solo l’aspetto di un piatto, così smaltato di bianco. Ma trovo che i numeri blu ci stiano proprio bene. Naturalmente le lancette sono soltanto di latta. E adesso non funzionano nemmeno più. No. Di dentro è rotto, questo è certo. Ma sembra sempre quello di una volta. Anche se adesso non funziona più.
Con la punta delle dita, delicatamente, tracciò un cerchio lungo tutto il bordo del suo orologio-piatto. E disse sottovoce: e lui si è salvato.
Quelli che se ne stavano al sole sulla panchina non lo guardarono. Uno si osservava le scarpe e la donna guardava nella sua carrozzella.
Poi qualcuno disse:
Hai perduto tutto, eh?
Già, è così, disse lui lieto, ma pensi, proprio tutto! Solo questo si è salvato, questo qui. E sollevò di nuovo in alto l’orologio come se gli altri non lo conoscessero ancora.
Ma non funziona più, disse la donna.
No, no, lo so. È rotto, lo so bene. Ma per il resto è rimasto identico a prima: bianco e blu. E mostrò loro ancora il suo orologio. Ma quel che è più bello, continuò lui tutto eccitato, non ve l’ho ancora raccontato. Il più bello deve ancora venire: pensate, è rimasto fermo alle due e mezzo. Proprio alle due e mezzo, pensate.
Allora vuol dire che la sua casa è stata colpita certamente alle due e mezzo, disse l’uomo sporgendo con importanza il labbro inferiore. L’ho sentito dire spesso. Quando la bomba vien giù, gli orologi si fermano. Per la pressione.
Lui guardò il suo orologio e scosse la testa con aria di superiorità. No, caro signore, no, qui lei si sbaglia. Questa volta le bombe non c’entrano. Non deve sempre parlare delle bombe. No. Alle due e mezzo accadde tutt’altra cosa, solo che lei non lo sa. Il buffo è appunto questo, che si è fermato proprio sulle due e mezzo. E non alle quattro e un quarto o alle sette. Era proprio alle due e mezzo che io venivo sempre a casa. Di notte, voglio dire. Quasi sempre alle due e mezzo. Questo è appunto il buffo.
Guardò gli altri, ma quelli avevano distolto da lui i loro occhi. Non li incontrò. Allora fece un cenno al suo orologio: a quell’ora naturalmente avevo fame, non è vero? E andavo sempre difilato in cucina. Là erano quasi sempre le due e mezzo. E poi, poi ecco che veniva mia madre. Per quanto piano potessi aprire la porta, lei mi ha sentito sempre. E ogni volta che io cercavo qualcosa da mangiare nella cucina buia, s’accendeva improvvisamente la luce. Ed ecco che lei se ne stava lì nella sua giacca di lana e con una sciarpa rossa intorno al collo. E a piedi nudi. Sempre a piedi nudi. E sì che la nostra cucina aveva un pavimento in piastrelle. E i suoi occhi si facevano piccoli piccoli, perché la luce era troppo forte per lei. E perché aveva già preso sonno. Era notte, infatti.
Di nuovo così tardi, diceva poi. Di più non diceva. Soltanto: di nuovo così tardi. E poi mi scaldava la cena e mi stava a guardare mentre mangiavo. Sfregandosi sempre i piedi l’uno sull’altro, perché le piastrelle erano così fredde. Lei di notte non si metteva mai le scarpe. E rimaneva seduta accanto a me fino a che non mi fossi saziato. E poi la sentivo ancora mettere via i piatti, quando io nella mia camera avevo già spento la luce. Ogni notte era così. E per lo più sempre alle due e mezzo. Io trovavo del tutto normale che lei mi preparasse da mangiare in cucina alle due e mezzo di notte. Lo trovavo del tutto normale. Lo aveva sempre fatto, no? E non ha mai detto niente di più che: di nuovo così tardi. Ma questo lo diceva ogni volta. Ed io pensavo che sarebbe sempre stato così. Lo trovavo così normale. Era sempre stato così.
Per un attimo ci fu silenzio sulla panchina. Poi lui disse piano: e adesso? E guardò gli altri. Ma non poté incontrare i loro occhi. Allora disse nella rotonda faccia bianca e blu del suo orologio: adesso, adesso sì che lo so, quello era il paradiso. Il vero paradiso.
Sulla panchina c’era un gran silenzio. Poi la donna domandò: e la sua famiglia?
Lui le sorrise impacciato: ah, vuol dire i miei genitori? Sì, loro pure sono scomparsi. È scomparso tutto. Tutto, si immagini un po’ lei. Tutto scomparso.
Sorrise impacciato ora all’uno ora all’altro. Ma quelli non lo guardavano.
Allora sollevò di nuovo in alto l’orologio e rise. Disse ridendo: solo questo qui. Lui si è salvato. E il più bello è che è rimasto fermo proprio sulle due e mezzo. Proprio sulle due e mezzo.
Poi non disse più nulla. Ma la sua faccia era molto invecchiata. E l’uomo che gli stava seduto accanto si guardava le scarpe. Ma non le vedeva, le sue scarpe. Pensava continuamente alla parola paradiso.


Wolfgang Borchert

venerdì 10 maggio 2013

LE MINORANZE

 
Una minoranza si considera tale solo quando costituisce una minaccia, vera o presunta, per la maggioranza. Ma nessuna minaccia è mai del tutto presunta. Qualcuno qui non è d'accordo? Se non lo siete, domandatevi solo: cosa farebbe quella minoranza se all'improvviso, dall'oggi al domani, diventasse maggioranza? Capite cosa intendo? Bene, se non lo capite, pensateci su. […]Dunque, prendiamone atto, le minoranze sono persone che probabilmente guardano, agiscono e pensano diversamente da noi e hanno difetti che noi non abbiamo. Il loro modo di vedere le cose e di agire può non piacerci e possiamo odiare le loro mancanze. Ed è meglio ammetterlo, anziché impiastricciare i nostri sentimenti con la melassa pseudoprogressista. Se siamo sinceri con noi stessi, abbiamo una valvola di sicurezza e, se abbiamo una valvola di sicurezza, saremo meno inclini a perseguitare il prossimo. […] Ogni minoranza, a suo modo, è aggressiva. Provoca la maggioranza ad attaccarla. La odia - a ragion veduta, d'accordo. Ma odia anche le altre minoranze, perché le minoranze, fra loro, sono competitive; ciascuna afferma che le sue sofferenze sono le peggiori e i torti che subisce i più infami. E più odiano, più vengono perseguitate, più si incattiviscono.
 
Christopher Isherwood, "A single man", 1964

domenica 5 maggio 2013

Anni '60 in America: i giovani e il loro rapporto con la tv

Si levava a mezzogiorno, a lungo stava a pettinarsi davanti allo specchio, fumava, mangiucchiava burro d’arachidi e sardine, seguiva sulla tivù piazzata nel salotto di Sally Buck lo sgranarsi di migliaia di chilometri di film. La teneva accesa da mezzogiorno a un pezzo dopo mezzanotte. A starne distante, sia pure per breve tempo, era preda a confusione e disorientamento, sentiva un urgente bisogno delle immagini che l’apparecchio proiettava, soprattutto dei suoni che emetteva.
Herlihy, James Leo, Un uomo da marciapiede, Superbur Narrativa, 2000, p. 22
 
Durante la prima parte della serata [Benjamin] beveva solo birra mentre guardava la televisione e poi, quand’era passato un po’ di tempo e i suoi genitori erano andati a letto, di solito si versava un bicchiere di bourbon da bere mentre guardava i film che venivano proiettati quando finivano le commedie e i programmi di varietà. A volte, se non aveva ancora terminato di bere, restava seduto a lungo dopo la fine dell’ultimo film contemplando uno dei monoscopi o la fotografia di una bandiera americana che uno dei canali mandava sempre in onda dopo aver suonato l’inno nazionale e chiuso le trasmissioni. Un paio di volte si addormentò in poltrona […]. Ma di solito i film lo tenevano sveglio. Dopo qualche tempo, fu in grado di dosare accuratamente i sorsi di liquore in modo tale che, quando finiva il film, poteva posare il bicchiere vuoto, spegnere il televisore e andare di sopra […].
 
Webb, Charles, Il laureato, Oscar Mondadori, 1973, pp. 80-81

mercoledì 1 maggio 2013

MAN'S EVOLUTION

Has it been such a great thing for the earth?
Since men evolved from the apes and began to use instruments, they have shaped the world they lived in. This process of “shaping” has had both positive and negative effects on the earth.
Since the beginning, men have used available materials for creating and maintaining a safe environment for their families. They have continued to do so for hundreds of years and this has led to some negative consequences.
First of all, the destruction of the ecosystem. This caused the depleting of earth resources. Men have been cutting down forests in order to make paper and in order to erect buildings, for example. Men have been getting gas and oil out of the ground too. The exploitation of natural resources without thinking about the consequences has determined some changes in the world’s equilibrium: let’s think about global warming with the consequent rise in sea levels and change in the amount of precipitation.
Moreover, many human activities have caused air pollution: in fact, fuel-burning devices (such as incinerators and furnaces), motor vehicles, fumes from paint, spray or varnish are responsible for the pollution of the atmosphere.
Also the emergence of a consumer society has had negative effects on the earth. As we know, there’s an isle entirely made of rubbish in the Pacific Ocean called “The Great Pacific Garbage Patch”: it is mainly made of plastics and residues of what men have thrown away.
But probably the worst thing men have done for the planet is the fabrication of the h-bomb. The damage caused by using nuclear weapons is not limited to the loss of human life: also the consequences on the environment (the flora and the fauna) are terrible. Radiation has led to the infertility of the land; rivers and lakes get polluted and are undrinkable. All this may cause irreparable damage to the animals, which can’t survive.
On the other hand, men evolution has led to a new awareness. It’s true that men are now using a lot of throw-away items, but they are also trying to recycle things. In some countries, recyclable materials, such as paper, plastics and glass, are separately collected.
 
In addition to this, the development of technology has led to an alternative management of natural resources. Some examples of “environmental technologies” may be photovoltaic and hydroelectricity.
 
To sum up, evolution exists – we can’t avoid it – but we should evolve in harmony with the planet. Acquiring new knowledge does not only imply rights, but also responsibilities. Men should now face the problems they caused by exploiting  carelessly the earth resources.