lunedì 31 ottobre 2011

LETTERA DI MÁRIO DE SÁ-CARNEIRO A FERNANDO PESSOA (II)

Parigi, 24 agosto 1915

Mio caro Amico,

[...] Anzitutto devo dirLe che sono piuttosto adirato con Lei: non so come Le possa venire in mente che mi infastidisca il fatto di raccontarmi la Sua crisi. In verità, oltre all’onore e all’emozione che mi procura il possesso delle Sue pagine, com’é bello e grande e luminoso e inquietante (anche dal punto di vista artistico, glielo assicura il narratore che è in me) tutto quello che di Lei mi racconta, mio caro Fernando Pessoa! La mia impressione? (e riuscirò a dirLe tutto?) [...] Dunque, mio caro Fernando Pessoa, se fossimo nel 1830 e io fossi Honoré de Balzac, Le dedicherei un volume della mia Commedia Umana, nel quale Lei verrebbe fuori come l’Uomo-Nazione: il Prometeo che nel suo geniale Mondo Interiore si porterebbe indietro un’intera nazionalità, una razza e una civiltà. E diciamo che, stranamente, è proprio quest’ultimo sostantivo che mi richiama tutta la Sua grandezza: un’intera civiltà è, mio caro amico, ciò che in modo sconvolgente Lei oggi mi appare. Forse queste frasi sono ridicole, però esprimono il mio pensiero. [...] E’ proprio meditando su delle pagine come quelle ricevute oggi e cercando di lacerarne il velo per andare oltre che io constato la nostra grandezza, ma anche, in confronto a Lei, la mia inferiorità. Sì, mio caro amico: è Lei la Nazione, la Civiltà; e io sono la grande Sala Reale multicolore e tappezzata di raso e smeraldi, di dorature e  intarsi. E non vorrei essere niente di più... E potrei esserlo? Guardi, amico mio, Lei mi confida che ha paura, nella crisi in cui ora si dibatte, di essersi sbagliato dato che per Lei il fatto di creare bellezza non è tutto, anzi è molto poco (poiché è fuori di dubbio che Lei ha creato «bellezza», lo affermo a spada tratta). [...] Con commozione Le dico grazie per la sua lettera di oggi, mio caro Fernando. La supplico soprattutto di continuare a scrivermi lettere così lunghe. Se sapesse come mi fanno bene, come sono felice quando le leggo e quando Le rispondo. Qui a Parigi come a Lisbona (ma qui più profondamente) Lei è il mio unico compagno. Si ricordi sempre di me. Mi scriva molto, molto. Io farò lo stesso. [...]
Arrivederci. Mille abbracci con tutta l’anima dal Suo, Suo

Mário de Sá-Carneiro


STATUA FALSA __ Mário de Sá-Carneiro


S’indorano i miei occhi d’oro falso;
sfinge senza mistero nel ponente.
La tristezza di cose che non furono
scende dentro di me velatamente.

E il mio dolore spezza pugnali d’ansia,
bocci di luce in tenebra si mischiano.
Le ombre che io genero non durano,
come Ieri, per me, Oggi è distanza.

Ma in vista del segreto ormai non tremo;
niente m’accende d’oro o mi spaventa:
galoppa su di me la vita in guerra,
e non mi sfugge un brivido d’angoscia.

Stella ubriaca che ha perduto i cieli,
sirena pazza che ha lasciato il mare;
tempio deserto e ormai pericolante,
io, statua falsa eretta al vento...

Mário de Sá-Carneiro, 1913

lunedì 10 ottobre 2011

L’INCISIONE



Poi il tuo nome
scivola
a tavola
– m’interrompo:
è rivoltante
banchettare
col cadavere
dell’amore.
Oppure
la fotografia
alla parete
da un anno
ora
m’importuna
(sono molestie
i vecchi doni
e i regali
invadenti).
Tra i fotogrammi
dell’ultimo film
infine
ti scorgo
ed è chiaro
– che marcisce
il girasole
sul cristallo
ma io porto
la tua immagine
ancora incisa
sulla retina.