venerdì 31 agosto 2012
Gli "scrittori del no"
La gloria o il merito di alcuni uomini consiste nello scrivere bene; quello di altri consiste nel non scrivere.
Jean de La Bruyère
lunedì 20 agosto 2012
APPEARANCES LIE
Due vecchi
gentiluomini, resi compagni dall’età e dalle idee, vanno a spasso e li vedo
avanzare dal fondo di via Po, sotto il sole, conversando pacatamente. La via è
deserta: i due poveri vecchi con la loro precaria presenza la rendono più
ammonitrice. Che cosa si diranno, con quali argomenti consoleranno l’attesa di
una partenza ormai inderogabile? Quando mi sono vicino, sento che uno di essi,
commentando una descrizione dell’altro, conclude: «Insomma, se ho ben capito,
sarebbe una specie di pancera».
Ennio
Flaiano, “Diario notturno”, 1956
domenica 19 agosto 2012
MINIATURIZZANDO LA REALTÀ
A Walter Benjamin piacevano i vecchi
giocattoli, i francobolli, le foto delle cartoline postali e certe imitazioni
della realtà come quei paesaggi invernali racchiusi in una palla di vetro in
cui nevica quando la si agita. La stessa scrittura di Walter Benjamin era quasi
microscopica e la sua mai raggiunta ambizione era quella di far entrare cento
righe in un solo foglio di carta.
Enrique Vila-Matas, “Storia abbreviata
della letteratura portatile”
giovedì 16 agosto 2012
LUMINAL
domenica 12 agosto 2012
LA CASA DEL SONNO
«Io sono l’unico, tra tutti quelli che
lavorano in questo campo, a vedere il sonno per quello che è realmente. »
«E che cos’è?»
«Ovvio: è una malattia. […] Una
malattia, Terry: la malattia più diffusa in assoluto, quella che più abbrevia
la vita! Ma quale cancro, ma quale sclerosi multipla, ma quale AIDS. Se passi
otto ore al giorno dentro un letto, vuol dire che il sonno ti accorcia la vita
di un terzo! È come morire a cinquant’anni: e succede a tutti. È peggio di una
semplice malattia: è un’epidemia! E nessuno di noi ne è immune, capisci?»
Jonathan Coe, “La casa del sonno”
giovedì 9 agosto 2012
WHO'S CLUMSY?!
Era assai maldestro: se si metteva ad aprire un portone o una porta, mentre apriva un'anta l'altra si chiudeva, mentre correva verso quella, si chiudeva la prima. Non riusciva mai a raccogliere dal pavimento un fazzoletto o qualche altra cosa al primo tentativo: doveva sempre chinarsi per almeno tre volte, come se lo pescasse, e magari lo sollevava alla quarta, a volte per lasciarlo cadere nuovamente. Se portava attraverso una stanza una pila di stoviglie o di altre cose, fin dal primo passo gli oggetti che stavano in cima iniziavano a scivolare e a cadere sul pavimento. Inizialmente ne volava uno; di colpo egli faceva un movimento tardivo e inutile per impedire che cadesse, e così ne faceva cadere altri due. A bocca aperta per lo stupore, guardava gli oggetti che cadevano e non quelli rimastigli in mano, perciò teneva il vassoio inclinato, mentre gli oggetti continuavano a cadere; così a volte giungeva all'altro lato della stanza portando sul vassoio un solo bicchierino o un piatto; talvolta, imprecando e maledicendo, gettava a terra lui stesso anche l'ultimo oggetto rimastogli in mano.
Gončarov, "Oblomov", 1859
mercoledì 8 agosto 2012
La soggettività dell'interpretazione
La sua stessa immaginazione determina che cos'è, cosa significa.
Lo spettatore non deve essere preso in considerazione durante la realizzazione dell'opera, ma non gli va detto, dopo, cosa pensare o come intenderla o quello che significa. Non c'è bisogno di definizione.
La definizione può essere lo strumento più pericoloso e distruttivo che l'artista utilizza quando produce arte per una collettività di individui.
La definizione non è necessaria.
La definizione vanifica se stessa e i suoi scopi definendoli.
Keith Haring, "Diari - 1978"
lunedì 6 agosto 2012
L'USCITA DI SCENA DI ANDY WARHOL
Aveva un incredibile tempismo. Una cosa
che ho imparato andando a molti party ed eventi “sociali” con Andy è che lui
arrivava sempre al momento giusto. Arrivava sempre quando il party era nel
vivo, ma prima dell’apice. Infatti la sua entrata era spesso il culmine della
festa e il segnale che il party era veramente “iniziato”. Le sue uscite erano
ugualmente ben calcolate. Spesso lo acciuffavo mentre scivolava fuori senza
salutare. Era, ovviamente, troppo difficile salutare tutti, così semplicemente se ne andava quando nessuno lo notava e
poi la gente lentamente se ne rendeva conto e cominciava a dire: «Andy se n’è
andato, quando è andato via?». Non voleva che la sua uscita fosse il segnale
per la “fine” del party, così si allontanava quietamente, quando meno lo si
sospettava… Misteriosamente e con stile. Se n’è andato come se n’era andato da
centinaia di party… una partenza che non si nota, ma immediatamente se ne sente
la mancanza; la sua assenza è sconcertante e inaspettata. Il party continua, ma
non sarà più lo stesso. Andy se n’è appena andato e già mi manca.
Keith Haring, “Diari, Febbraio 1987”
domenica 5 agosto 2012
L'individualità nell'arte
Sebbene gran parte della storia dell'arte sia composta da "movimenti" e da stili propri di un certo gruppo di artisti, è sempre stata e sempre sarà il prodotto di un individuo. Perfino se è esistita una "mentalità di gruppo" o un'"aggregazione culurale" di artisti, l'atto dell'arte in sé è individuale o procede (nelle opere in collaborazione) da una concezione individuale o da un insieme di input individuali rivolti a uno sforzo di gruppo. Comunque, dopo aver visto tutti questi "movimenti" o "stili di gruppo" e "periodi" della storia dell'arte, credo che abbiamo raggiunto un punto in cui non possa più esistere una mentalità di gruppo, né movimenti, né ideali condivisi. È il momento dell'autorealizzazione.
Keith Haring, Diari
venerdì 3 agosto 2012
OBLOMOV - L'IRREQUIETEZZA NELL' IMPOTENZA
Non era abituato al movimento, alla vita, alle moltitudini e all'agitazione.
Tra la folla si sentiva soffocare; in barca saliva con la flebile speranza di raggiungere felicemente l'altra riva; in carrozza viaggiava attendendosi che i cavalli s'imbizzarrissero e lo facessero sfracellare.
Come se non bastasse, lo assillava un timor panico: s'impauriva per il silenzio che lo circondava o semplicemente così, senza saper nemmeno lui il perchè, brividi gli correvano lungo la schiena. A volte con timore sbirciava verso un angolo buio, nell'attesa che l'immaginazione gli giocasse qualche scherzo e gli mostrasse un fenomeno ultraterreno.
Ivan Gončarov, "Oblomov", 1859
giovedì 2 agosto 2012
LETTERATURA E CRITICA LETTERARIA
La letteratura esiste in quanto sforzo
di dire ciò che il linguaggio ordinario non dice e non può dire. Per questa
ragione, la critica tende sempre a diventare a sua volta letteratura: non si
può parlare di ciò che fa la letteratura se non facendo letteratura. Soltanto a
partire da questa differenza con il linguaggio comune, la letteratura può
costituirsi e sussistere. La letteratura enuncia ciò che essa sola può
enunciare. Quando un critico avrà detto tutto su un testo letterario, non avrà
ancora detto niente, giacché la definizione stessa della letteratura implica
che non se ne possa parlare.
La ricerca della conoscenza mira ad una verità
approssimativa, non ad una verità assoluta. L’imperfezione è, paradossalmente,
una garanzia di sopravvivenza.
Cvetan Todorov, “La letteratura
fantastica”
mercoledì 1 agosto 2012
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