martedì 4 settembre 2012

Fernando Pessoa e il problema della sessualità

Non trovo difficoltà a definirmi: sono un temperamento femminile con una intelligenza maschile. La mia sensibilità e i movimenti che ne scaturiscono, ed è in questo che consistono il temperamento e la sua espressione, sono femminili. Le mie facoltà di relazione – l’intelligenza e la volontà, che è l’intelligenza dell’impulso – sono maschili.
Quanto alla sensibilità, quando dico che mi è sempre piaciuto essere amato, e mai amare, ho detto tutto. Mi è sempre pesato avere l’obbligo, per un dovere di normale reciprocità – una lealtà dello spirito –, di corrispondere. Mi piaceva la passività. Dell’attività, mi attraeva solo quanto bastava a stimolare, per non farmi dimenticare, l’attività di amare di chi mi amava.
Riconosco lucidamente la natura del fenomeno. È una inversione sessuale frustrata. Si limita allo spirito. Mi ha sempre turbato, però, nei momenti di meditazione su me stesso, non ho mai avuto la certezza, né ancora ce l’ho, che questa tendenza di temperamento non possa un giorno raggiungere anche il corpo. Non dico che allora praticherei la sessualità corrispondente a questo impulso; ma basterebbe il desiderio a umiliarmi. Siamo molti di questo tipo, nella storia – la storia artistica, soprattutto. Shakespeare e Rousseau sono fra gli esempi, o esemplari, più illustri. E il mio timore che questa inversione dello spirito discenda al corpo me lo insinua l’osservazione del modo in cui costoro l’hanno realizzata: il primo completamente, con la pederastia; in modo incerto il secondo, con un vago masochismo.

Fernando Pessoa, Appunti Sparsi

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