L'esistenza cavalleresca è l'imitazione di Amadigi, come l'esistenza del cristiano è imitazione di Gesù Cristo. Noi chiameremo questi modelli mediatori del desiderio. Don Chisciotte ha rinunciato, in favore di Amadigi, alla fondamentale prerogativa dell'individuo: non sceglie più gli oggetti del suo desiderio, è Amadigi che deve scegliere per lui.
Emma Bovary desidera per il tramite delle romantiche eroine che le riempiono la fantasia; le mediocri letture fatte durante l'adolescenza hanno distrutto in lei ogni spontaneità. Gli eroi flaubertiani si propongono un modello e imitano, del personaggio che hanno deciso di essere, tutto quello che è possibile imitare, tutta l'esteriorità, tutta l'apparenza, il gesto, l'intonazione, l'abito.
Ma i personaggi di Flaubert e Cervantes imitano, o credono di imitare, anche i desideri dei modelli che essi hanno liberamente scelto.
Stendhal denomina vanità tutte queste forme di imitazione: il vanitoso non può attingere i desideri ai propri fondi personali, ma li prende in prestito da altri. Il vanitoso è dunque fratello di Don Chisciotte e di Emma Bovary.
Perchè un vanitoso desideri un oggetto, basta convincerlo che tale oggetto è già desiderato da un terzo al quale si attribuisce un certo prestigio. Nella maggior parte dei desideri stendhaliani, anche il mediatore desidera l'oggetto, o potrebbe desiderarlo: è appunto questo desiderio, reale o presunto, che rende l'oggetto immensamente desiderabile agli occhi del soggetto. Si tratta, in pratica, di due desideri concorrenti. Il mediatore non può fare la parte di modello senza contemporaneamente fare, o sembrar fare, la parte di ostacolo.
Lo slancio verso l'oggetto è, in fondo, lo slancio verso il mediatore. L'apparente ostilità del mediatore, lungi dall'indebolire il prestigio di questi, non può che accrescerlo. Persuaso che il modello sia a lui troppo superiore per accettarlo come discepolo, il soggetto prova nei confronti del modello stesso un sentimento lacerante formato dall'unione di due contrari: la venerazione più sottomessa e il rancore più profondo. È il sentimento che chiamiamo odio. Soltanto l'essere che ci impedisce di esaudire un desiderio da lui stesso suggeritoci è veramente oggetto di odio.
Riflessioni nate dalla lettura di Menzogna romantica e verità romanzesca di René Girard
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