C’è ancora un numero impressionante [di
giovani] che si ostina a scrivere poesie, romanzi, drammi. Intontiti dal sonno,
buttano giù qualcosa negli istanti carpiti fra una lezione, l’impiego a mezza
giornata e i doveri coniugali. […] E da qualche parte, in mezzo alla schiavitù
del dover essere, il folle poter essere sussurra loro di vivere, conoscere,
sperimentare – cosa? Meraviglie. […] Qualcuno di loro ce la farà? Oh, certo.
Almeno uno. Due o tre al massimo – tra le migliaia che tentano.
Là in mezzo, George prova una sorta di
vertigine. Dio, che ne sarà di loro? Che possibilità hanno? Devo urlargli qui,
ora, che non c’è speranza.
George
sa di non poterlo fare. Poiché in un suo modo assurdo, inadeguato, involontario
è un rappresentante della speranza. E la speranza non è falsa. No.
Christopher Isherwood, Un uomo solo
Nessun commento:
Posta un commento